Guidoriccio da Fogliano |
Questa è l'immagine tradizionale, il ritratto equestre del "Guidoriccio da Fogliano" a cavallo di un destriero, la cui andatura appare quanto meno singolare (qualcuno ha detto che "non si regge in piedi"). Il resto dell'opera è costituto dai castelli conquistati: Montemassi, un battifolle e Sassoforte, che sono stati oggetto di pesanti rifacimenti e di ridipinture, che ne rendono oggi difficile una lettura storica e stilistica. |
Costituiscono motivo di polemica artistica, non la prima e neppure l'ultima in un mondo artistico sempre più frenetico e globalizzato, l'autenticità e la paternità del "Guidoriccio da Fogliano" rappresentato nel Palazzo Pubblico di Siena, attribuito tradizionalmente al grande Simone Martini, maestro del Trecento senese, ma oggi messo in discussione da una serie di tesi alternative, sostenute da vari critici e storici d'arte che hanno provato a ridiscutere alcune conclusioni artistiche, prescindendo da valutazioni preesistenti, in qualche caso anche consolidate, nella massima libertà di ricerca e di pensiero; non si sa quanto questo abbia avuto successo e se mai lo avrà. Ma il merito di aver mosso le acque fin qui statiche con una attenta e organica ricerca, per certi versi interessante, ma non sempre compiuta, va indubbiamente loro riconosciuto. Questo vuol essere un ulteriore tentativo di sottoporre nella rete i contributi di alcuni di coloro che hanno affrontato la disputa, cercando di valorizzare ciò che è autentico, ma anche ciò che autentico forse non è. I toni aspri, che da tempo ha assunto tale polemica, sono da non condividere e addirittura da respingere, anche se purtroppo sia nell'arte che nelle scienze la verità è costretta spesso a percorrere strade e sentieri dissestati e irti di ostacoli. |
Nel 1980, nel corso di un restauro, venne scoperto un dipinto di eccelsa qualità, la cui fascia superiore è sottostante al notissimo "Guidoriccio da Fogliano alla conquista di Montemassi" e la cui parte sinistra risulta tuttora coperta dal ritratto di un santo patrono di Siena, risalente al 1530 circa dipinto dal Sodoma. La scoperta ebbe un grande clamore nel mondo dell'arte. Il trecento senese (Simone Martini, Ambrogio e Pietro Lorenzetti) rappresenta un periodo artistico di somma importanza per l'arte italiana ed assume un valore rilevante anche nella storia dell'arte occidentale.
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Ma tale scoperta fu l'occasione per l'apertura di una controversia, già latente nel passato e mai sopita, circa la paternità, o meglio l'autenticità, del noto cavaliere creduto fino ad oggi il Guidoriccio da Fogliano immortalato da Simone Martini. Le perplessità trovavano origine soprattutto dal fatto singolare che Giorgio Vasari, mentre si era soffermato sulla "Maestà" di Simone Memmi (corretto successivamente in Martini), che occupa un'intera parete del Palazzo Pubblico di Siena, che definiva "di tutta perfezzione, con molta sua lode et utilità", nulla accennava al cavaliere con paesaggio, che per dimensioni gareggia con la Maestà, posto nella parete di fronte, come se questo non fosse esistito o non fosse appartenuto all'eccellente "dipintore sanese". Eppure Giorgio Vasari, aretino, lui stesso pregevole artista, aveva dimostrato con la sua opera fondamentale "Vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti", che ha rappresentato il primo organico testo di storia dell'arte italiana precedente al 1547-1550, anni in cui si attesta la stesura delle cronache vasariane, un'attenzione rigorosa distribuita sui singoli artisti. Di Simone, maestro senese, ha descritto opere d'importanza notevolmente inferiore localizzate su Firenze, Avignone e la stessa Siena, ma nessun accenno al Guidoriccio da Fogliano. A distanza di 25 anni dalla data della scoperta dell'affresco sottostante, evento fortuito quanto rimarchevole per gli studi sui primi secoli della grande pittura italiana, si sono fatte sempre più credibili le voci, anche autorevoli, che nel mondo artistico diffidano in modo crescente dell'attribuzione del Guidoriccio da Fogliano a Simone Martini, cui viene invece assegnata la paternità dell'affresco scoperto nel 1980, in cui comparirebbe la vera raffigurazione del condottiero Guidoriccio, seguendo un percorso logico e assai lineare che utilizza elementi di conoscenza storici, cronachistici, iconografici e stilistici. Le tesi così sviluppate in modo interdisciplinare utilizzano in modo organico, e tutto sommato convincente, gli archivi della Repubblica Senese (in particolare il periodo del Governo dei Nove, in cui i fatti della gestione pubblica venivano accuratamente annotati), combinando gli elementi raccolti con una serie di dati stilistici e tecnici, per arrivare a conclusioni che, pur non essendo decisive, ma solo un utile avvio di dibattito e di ulteriore ricerca, non sembrano gradite all'elite della cultura e delle istituzioni senesi. Ma è discutibile e non utile il tentativo di bloccare gli apporti e gli approfondimenti degli studi sull'arte anche quando conducono a dover rivedere l'autenticità di opere che, forse con eccessiva superficialità, nel passato sono state erette a simbolo di patrimoni artistici irripetibili. |
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