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Assolutamente straordinaria ed unica nel suo genere la mostra Apriti Sesamo : ‘Quando la chiusura diventa mistero” proposta dal 27 agosto all’11 settembre nell’ambito della 49a edizione di Cortonantiquaria. La Collezione, che si compone di circa sessanta pezzi, comprende alcune delle principali tipologie di lucchetti antichi che vanno dal XI secolo sino agli inizi del 900', fra i quali spiccano una decina di esemplari estremamente rari, introvabili e di inusitata bellezza, come un piccolissimo catenaccio medievale da scrigno (Germania XII-XIII sec.) raffigurante un leone, la cui chiave frastagliata, inserita nelle fauci, ne dispone l’apertura; oppure, il superbo lucchetto la cui forma, insolita, ricorda un estinto ‘trilobita’ dalla dura corazza chitinosa. L’oggetto consiste in una spessa lamina di ferro, battuta a martello e rinforzata da cordoli applicati a caldo ed inchiodati ferro su ferro, e verosimilmente rappresenta al suo interno, uno tra i più efficienti e tecnicamente complessi meccanismi medievali. Della medesima tipologia si ritrova esempio nelle collezioni di alcuni musei del nord Europa ove detti oggetti sono classificati come manufatti di cultura vichinga e datati fra il XI e il XIII secolo. Fra gli oggetti maggiormente interessanti si presenta, inoltre, un antico lucchetto indiano degli inizi del XIX secolo, dal curioso e complesso meccanismo che consente l’apertura solo dopo una sequenza di cinque chiusure progressive, con quattro chiavi ed una molla segreta a spirale: un rompicapo “quasi inviolabile”. Un similare meccanismo arcano si riscontra anche in alcuni catenacci in ferro, dalla astrusa combinazione con dischi ruotanti in ottone, sia del 700’che dell’800’. Il Catenaccio o Lucchetto, è tornato molto recentemente agli onori della cronaca dopo il caso editoriale di Federico Moccia, che vede i protagonisti dei suoi libri “Ho voglia di te” e “3 metri sopra il cielo” serrare il proprio legame allacciando al terzo lampione del Ponte Milvio catenaccio e lucchetto nella speranza che lo stesso resti inviolabile buttandone la chiave nel Tevere. Chissà se tutti gli adolescenti che hanno letteralmente “infestato” il lampione di lucchetti a Ponte Milvio, così come a Ponte Vecchio a Firenze (buttando la chiave nell’ Arno), sanno che l’oggetto, antico quasi quanto la storia della civiltà dell’uomo, riunisce in sé maschio e femmina. Il lucchetto, o catenaccio, appunto, è un oggetto composto, completo e funzionale solo nella giusta sinergia tra maschio e femmina: chiave e lucchetto. Un meccanismo con una chiave che aderisce ad un esclusivo corpo composto da una solida struttura articolata internamente tramite una ‘mappa’ frastagliata apribile grazie ad una combinazione relativa. Il catenaccio in acciaio che oggi usiamo per assicurare la moto o per chiudere un cancello, semplice, ma estremamente solido, anticamente era in alcuni casi una vera e propria opera d’arte. La creatività e l’abilità artigiana si è sbizzarrita, sin dall’antichità, nell’eseguire le più strane e variegate forme per aggiungere, ad un semplice e solido effetto meccanico, curiosità, sorpresa e magia estetica. Se pur non è mai esistito un lucchetto davvero inviolabile, si è sempre riposta anche troppa fiducia nella difesa dei propri beni, tramite una chiusura metallica. Il metallo, si sa, come si costruisce si può anche scardinare, bastano gli attrezzi giusti. Ecco perché i rari lucchetti antichi sopravissuti rappresentano una documentazione estremamente interessante nel settore delle arti minori, specie se completi di chiave originale. I più antichi e complessi catenacci hanno un meccanismo arcaico, ma molto funzionale. Dal medioevo al XVIII secolo si utilizzarono dal nord Europa fino ad Oriente meccanismi con lamelle divaricate all’interno dell’oggetto, che ne bloccavano irrimediabilmente l’apertura. Solamente tramite una strana chiave traforata, costruita ad hoc ed a millimetro, si riesce ad entrare nella toppa, quasi sempre occultata da scomparti con molle segrete, e scivolando se ne consente l’apertura. I lucchetti più antichi furono eseguiti sbalzando il metallo, allora il più duro e resistente: il ferro, ed hanno delle chiavi dalle forme che sembrano incomprensibili, a volte con l’estremità dalla punta aguzza, utile a far scattare la molla segreta. L’Associazione Culturale Terza Esperide di Palermo, presenta per il settimo anno consecutivo a Cortona Antiquaria, la nuova interessante ed esclusiva esposizione ‘’Apriti Sesamo: ‘Quando la chiusura diventa ‘Mistero’’. Oltre sessanta oggetti preservati dalla ruggine e dall’incuria, le cui ferree impronte mostrano le tracce di una quasi dispersa storia delle arti minori nei secoli. Il Curatore, Giulio Torta.

   
 
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